sabato 8 gennaio 2011

A mia zia Anna

Il gatto nella casa vuota
Morire – questo a un gatto non si fa.
Perché cosa può fare il gatto
nella casa vuota.
Graffiare rampando sui muri.
Strofinarsi fra i mobili.
Qui nulla sembra mutato,
eppure è cambiato.
Nulla sembra spostato,
eppure è sconvolto.
E la sera la lampada non luce.

Si sentono i passi sulle scale,
ma non son quelli.
Anche la mano, che posa il pesce sul piattino,
non è più quella, che lo posava.

Qui qualcosa non comincia più
alla sua solita ora.
Qui qualcosa non si compie
come dovrebbe.
Qui qualcuno è stato, è stato,
ma poi di colpo è sparito
e caparbiamente ancora non c’è.

Ha guardato in tutti gli armadi.
Ha percorso le mensole.
Si è infilato sotto il tappeto a controllare.
Ha perfino infranto il divieto
E ha buttato all’aria le carte.
Che altro c’è da fare.
Dormire e attendere.

Ma lascia solo che torni,
che si faccia vedere.
Lo verrà a sapere
che così col gatto non si fa.
Camminerà verso di lui
Con l’aria di chi proprio non vuole,
piano piano,
su zampe molto imbronciate.
E niente balzi e miàgoli all’inizio.

Wislawa Szymborska, da “Koniec i poczontek” (Fine e principio), 1993

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Attila è il gatto di mia zia. Bianco, sordo, grasso, oggi vive con me.
Mi piace accarezzarlo ogni sera.

8 gennaio 2011, ospedale di Padova
Piccoli pezzetti di Anna.
Il suo ordine per le sue cose.
Ha fatto il "cestino" anche qui.

Ricordo
la tesi di laurea,
i suoi gatti attorno alla tv,
le amate sigarette,
- "Fummo noi che fumammo" -
e che ama lavare i piatti.

Pensieri sull'assoluto.
Un regalo incartato che non sarà mai libro.
L'aldilà mi serve,
così a casa so che dire ai miei figli.

Medico sciocco.
Mille misuratori accesi,
uno solo che guardo:
la spalla che sale e scende...

La scocciatura delle lacrime.

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