venerdì 27 aprile 2012

I' ho già fatto un gozzo in questo stento

Ormai io ne ho fin qua di questo stento
come della pioggia di Lombardia
i contadini o chiunque altro sia
costretto con il ventre sotto il mento

La barba al cielo e la nuca sento
sulla gobba e ho il petto di un'Arpia
e gocciola il pennello sulla mia
faccia che paio un ricco pavimento.

I lombi sono dentro le budelle,
e, per il contrappeso, il culo è groppa,
accecato muovo passi invano.

Davanti a me si allunga la mia pelle
per ripiegarsi e arrotolarsi a poppa
e mi tendo come arco castigliano

Così sbagliato e strano

sorge il giudizio da una mente storta
che spara con la cerbottana torta.

La mia pittura morta

difendi, Giovanni, e il mio onore:
non sto bene e non mi sento pittore.

A scrivere è Michelangelo Buonarroti.
Il destinatario è Giovanni Da Pistoia. 
È il 1510 circa.
Michelangelo sta dipingendo la Cappella Sistina.
In rete ho trovato una traduzione inglese e i soliti tromboni italiani che non spiegano.
Quindi, da ex trombonista, mi sono fatto la mia versione
(benvengano consigli e correzioni).
Questa è la versione originale:

I' ho già fatto un gozzo in questo stento,
come fa l'acqua a' gatti in Lombardia
o ver d'altro paese che si sia,
c'a forza 'l ventre appicca sotto 'l mento.

La barba al cielo, e la memoria sento
in sullo scrigno, e 'l petto fo d'arpia,
e 'l pennel sopra 'l viso tuttavia
mel fa, gocciando, un ricco pavimento

E' lombi entrati mi son nella peccia,
e fo del cul per contrapeso groppa,
e' passi senza gli occhi muovo invano.

Dinanzi mi s'allunga la corteccia,
e per piegarsi adietro si ragroppa,
e tendomi com'arco sorïano.

Però fallace e strano

surge il iudizio che la mente porta,
ché mal si tra' per cerbottana torta.

La mia pittura morta

difendi orma', Giovanni, e 'l mio onore,
non sendo in loco bon, né io pittore.

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